lunedì 22 settembre 2008

La fissa del cibo

Ci viene cosi bene che sarebbe un peccato farne senza.

E cosi mandrie di italiani in vacanza e di residenti auto-esiliati all’estero, spulciano carte menù e scaffali al supermercato alla ricerca di quell’arte e di quella qualità che tanto piace e ci contraddistingue nel mondo: il cibo italiano.

A dose eccessive diviene una fissa, una droga a cui non è possibile farne a meno. E cosi come funghi spuntano ristoranti e pizzerie del made in Italy e si sdoganano grossi container di prodotti nostrani. Ma c’è anche chi tenta la fortuna e inizia a produrre il proprio business nel paese ospitante, dedicandosi alla produzione di mozzarelle e formaggi, di salsicce e gelati, di pane e di dolci…

Non c’è che dire, siam degli intramontabili buongustai, degli irrinunciabili affezionati alla buona tavola, meglio se nostrana.

Neanche in vacanza rinunciamo a questa travolgente passione, ristoranti e hotel all inclusive scolano spaghetti e condiscono maccheroni deliziando ospiti e commensali.


Tra le file dei residenti c’è chi infila in valigia una succulenta pancetta o una bottiglia di grappa, e chi invece invita parenti ed amici chiedendo loro di portare qualche regalo gastronomico, cercando di non farsi beccare all’aereoporto o allungando scellini per non farsi aprire la valigia…

Tempo fa al ristorante, ordinando un filetto di pesce grigliato, un tizio al tavolo a fianco chiede del pane e salame... osservo curioso la scena, tante belle fette rosate a macinatura media, ed inizio a produrre una certa salivazione... guardo nel menu’ e non c’e', hakuna salame, ma allora da dove salta fuori? Dalla riserva speciale del direttore d’albergo... e lui che mi dice che quelle poche fette gli costan piu’ dell’aragosta....

Lo cantava anche Samuele Bersani: “hai mai provato ad esportare la piedina romagnola?”


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