La mente non ha il senso del gusto. Puo’ sentire il piccante che ti dilata lo stomaco? Il sapore sciacquato del caffe’ in polvere degli aerei che ti da il senso di essere partito. Il frizzare sgasato e metallico delle birre africane che ti regalano qualche attimo di sollievo prima di trasformarsi in sudore che chiama una nuova sete. Lo sfrigolare secco dei piatti cinesi con quel sapore da retrobottega. E quale tenacia, la carne aspra di montone arrostita nel deserto! E il pane cotto sotto la sabbia dai tuareg che scricchiola sotto i denti? Tre giri. Tre giri di the’, con la mano dell’uomo che sale, alta sul bicchiere, con gesto ampio, per lasciar cadere quel filo verde e bollente che si trasforma in schiuma. Amaro come la morte il primo giro. E la mano risale, lenta a lanciare un nuovo arco di the’. Dolce come la vita, il secondo. Dita callose che impugnano la teiera rovente di braci. Zuccherato come l’amore il terzo giro. Sfumature che la bocca impara piano a cogliere, che ricordano quelle della luce sull’orizzonte.
Tratto da “Sensi di viaggio”, di Marco Aime’ (Edizioni Ponte alle Grazie)
Tratto da “Sensi di viaggio”, di Marco Aime’ (Edizioni Ponte alle Grazie)
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