
Silpa Juma è una donna Luo di quarant’anni, “vecchia” per lo standard africano.
Il suo aspetto è dignitoso, come quello di quasi tutte le donne africane, ma il suo sguardo, fiero e rassegnato nello stesso tempo, dimostra quante traversie abbia avuto nella sua vita. Con voce calma e serena inizia il suo racconto.
Fin dalla morte di mio marito, nel settembre del 1984, sono stata ereditata tre volte. La prima nel dicembre 1984. Avrei gradito stare più lungo senza un uomo in vita mia, ma tale decisione non sarebbe stata presa bene dai membri della famiglia di mio marito e dal suo clan.
Le usanze Luo sono precise, e qualsiasi cosa ad esse contraria avrebbe inviato una maledizione (chira) ed altre sfortune sulla sua famiglia. Silpa Juma avrebbe sofferto del bando psicologico e fisico del clan. Oggi le cose sono cambiate. Mentre prima era l’uomo che si avvicinava per prendere in moglie la vedova di suo fratello, ora è la vedova che deve cercare l’uomo, e di vedove ce ne sono molte. I mariti e gli uomini stanno morendo d’Aids ad una percentuale allarmante.
Dopo un attimo d’esitazione, riprende il suo racconto.
Dopo aver frequentato un cognato, fummo d’accordo sull’eredità e tutto fu concluso tre mesi dopo la morte di mio marito. Stemmo insieme come marito e moglie, sottomettendomi privatamente e pubblicamente a lui, come avrei fatto con il mio defunto marito. Andammo avanti così fino al ‘97 quando tra noi sorse una differenza d’opinioni irrisolvibile. Non mi piacquero molte delle cose che lui faceva, e dissi basta. Aveva altre donne oltre me. Decisi quindi di rompere l’unione perché era divenuta insostenibile.
Trovai perciò un altro uomo che mi ereditò, ma ci fu un intoppo quando venne a “cambiare” la casa del mio defunto marito. Io non potevo “cambiare” casa senza un uomo che compie i riti che vanno fatti in tale circostanza. Com’è praticato fra il Luo, un uomo o una donna che si sono sposati non possono cambiare o costruire una casa da soli. È un tabù, ed io ho i bambini che devo proteggere. Al momento della morte di mio marito avevamo cinque bambini, il numero è aumentato, da allora, ad undici, sei dai tre ereditanti. Questo secondo ereditante non poteva “cambiare” la casa perché viveva ancora in quella di suo padre e non ne aveva una di sua proprietà.
Ugo
Articolo tratto da:
http://guide.supereva.it/viaggi_safari/interventi/2001/12/84347.shtml
Il suo aspetto è dignitoso, come quello di quasi tutte le donne africane, ma il suo sguardo, fiero e rassegnato nello stesso tempo, dimostra quante traversie abbia avuto nella sua vita. Con voce calma e serena inizia il suo racconto.
Fin dalla morte di mio marito, nel settembre del 1984, sono stata ereditata tre volte. La prima nel dicembre 1984. Avrei gradito stare più lungo senza un uomo in vita mia, ma tale decisione non sarebbe stata presa bene dai membri della famiglia di mio marito e dal suo clan.
Le usanze Luo sono precise, e qualsiasi cosa ad esse contraria avrebbe inviato una maledizione (chira) ed altre sfortune sulla sua famiglia. Silpa Juma avrebbe sofferto del bando psicologico e fisico del clan. Oggi le cose sono cambiate. Mentre prima era l’uomo che si avvicinava per prendere in moglie la vedova di suo fratello, ora è la vedova che deve cercare l’uomo, e di vedove ce ne sono molte. I mariti e gli uomini stanno morendo d’Aids ad una percentuale allarmante.
Dopo un attimo d’esitazione, riprende il suo racconto.
Dopo aver frequentato un cognato, fummo d’accordo sull’eredità e tutto fu concluso tre mesi dopo la morte di mio marito. Stemmo insieme come marito e moglie, sottomettendomi privatamente e pubblicamente a lui, come avrei fatto con il mio defunto marito. Andammo avanti così fino al ‘97 quando tra noi sorse una differenza d’opinioni irrisolvibile. Non mi piacquero molte delle cose che lui faceva, e dissi basta. Aveva altre donne oltre me. Decisi quindi di rompere l’unione perché era divenuta insostenibile.
Trovai perciò un altro uomo che mi ereditò, ma ci fu un intoppo quando venne a “cambiare” la casa del mio defunto marito. Io non potevo “cambiare” casa senza un uomo che compie i riti che vanno fatti in tale circostanza. Com’è praticato fra il Luo, un uomo o una donna che si sono sposati non possono cambiare o costruire una casa da soli. È un tabù, ed io ho i bambini che devo proteggere. Al momento della morte di mio marito avevamo cinque bambini, il numero è aumentato, da allora, ad undici, sei dai tre ereditanti. Questo secondo ereditante non poteva “cambiare” la casa perché viveva ancora in quella di suo padre e non ne aveva una di sua proprietà.
Ugo
Articolo tratto da:
http://guide.supereva.it/viaggi_safari/interventi/2001/12/84347.shtml
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