lunedì 18 maggio 2009

The Black Pinocchio


La dura poesia del ghetto


di Geraldina Colotti


Pinocchio nei ghetti del Kenya. Nello spettacolo teatrale di Marco Baliani - Pinocchio nero, in scena al Teatro Manzoni di Bologna il 15 aprile alle 21 - il burattino di legno nasce a Dagoretti, una bidonville di Nairobi, e la compagnia è composta da 20 ragazzi di strada. Un lavoro durato tre anni e costruito insieme a Giulio Cederna, di Amref, associazione non governativa che promuove progetti in Africa esclusivamente con la gente del posto. Baliani e Cederna raccontano ora quell'esperienza in due libri di taglio diverso, ma dal titolo quasi identico, Pinocchio nero il primo, The black Pinocchio il secondo (1).


Col disincanto dell'uomo orfano di certezze, il regista alza le quinte di un viaggio teatrale compiuto insieme ai ragazzi giorno per giorno, e nato dal bisogno di mettere in scena i conflitti «non risolvibili ideologicamente».In prima immagine, un gruppo di bambini, il barattolo di colla appeso al labbro, gli occhi rossi e l'andatura da zombi, pronti a depredare ogni cosa a tiro. Di fronte, i dubbi del regista, l'impotenza. Baliani richiama le «spiegazioni strutturali ed economiche che hanno permesso quell'inferno», s'interroga con le parole di Dostoevskij nei Karamazov: «A che serve salvarne uno se non potrò salvarli tutti?» Ha paura e voglia di fuggire dalla puzza insopportabile di quella fogna a cielo aperto. Ma poi rimane. Riesce a formare un gruppo di 20 chokora, «ragazzi spazzatura», a cui insegnerà a muoversi in scena, sfruttando i loro talenti naturali. Nelle battute finali della pièce, i burattini consapevoli del loro viaggio, fuggono dal ventre della balena portando in spalla i papà-Geppetto.


Nella realtà, alcuni ragazzi ritroveranno i genitori alcolisti o malati di aids, altri proveranno a trasmettere ai compagni la loro consapevolezza. La metamorfosi del burattino, il loro riscatto. Adesso fanno ancora «banda», ma per uno scopo diverso.E gli altri, quelli che non hanno potuto o saputo andare in scena?I loro diari compaiono nel libro di Giulio Cederna e John Muiruri, The black Pinocchio, novità presente nello stand di Giunti alla Fiera del libro per ragazzi a Bologna.


«Il ragazzo di strada è costituzionalmente un artista. La sua vita è già un'opera d'arte. E ogni forma d'arte lo aiuta a vivere», scrive l'autore. Il suo volume modulare, adatto anche ai giovanissimi, contiene il dvd dello spettacolo. Strutturato a finestre, il testo ricostruisce la geografia dell'esclusione in Kenya in un percorso corale - grafico, fotografico e narrativo - realizzato dai ragazzi del gruppo teatrale, ma anche da quelli che non sono entrati nella pièce: giovani ancora più «difficili». È il racconto della strada e della sua dura poesia, ritmata dalle strofe di Bob Marley. «Got to survive in the Ghetto/ Got to survive/ People don't fret no». Bisogna sopravvivere nel Ghetto. Bisogna sopravvivere.Non affliggetevi, gente. Sopravvivere contendendo gli ossi ai cani di Nairobi, «città bambina» che all'inizio del secolo era ancora «un circolo esclusivo per inglesi in tenuta coloniale».


Si calcola che a Nairobi - passata in soli trent'anni da 600.000 a circa 4 milioni di abitanti per via del rapido processo di urbanizzazione - circa il 60% della popolazione viva nelle città invisibili sorte dalle discariche. Ogni ghetto ha una storia. Kibera (foresta), è la più grande bidonville dell'Africa orientale, nata dopo la II guerra mondiale in seguito all'arrivo a Nairobi dei reduci sudanesi, soldati africani che si erano distinti combattendo per la Royal Army. Oggi è una foresta di lamiere infuocate, in cui vivono 500.000 persone a composizione etnica variegata. Dialetti diversi ma identica precarietà, e nessuna speranza. Mi chiamo Sarah, ho 18 anni... mi chiamo Peter, ho 17 anni... mi chiamo Makoha, ho 12 anni..., trovo da mangiare tra i rifiuti oppure chiedo «money money». Ai bambini non pensa la scuola, ma la strada. Il 70% delle famiglie spende buona parte dello stipendio per l'affitto di una baracca di fango, ferro e plastica. I giovanissimi fuggono ai margini del margine dove costruiscono una strana forma di società dannata e solidale. Fra loro si chiamano besthé (amici) o ninja, come le tartarughe. Per dire estero, usano il termine chaumbele, che in lingua kiwashili vuol dire paese dei balocchi. Il paese di Pinocchio.


note:


Pinocchio nero.Marco BalianiRizzoli, 2005, 13 euro


The Black Pinocchio.Giulio Cederna e John Muiruri(percorso fotografico a cura di Giuliano Matteucci)Giunti, 2005, (libro e dvd) 15 euro.

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