Kisumu (Kenya). Nella terra degli Obama il figlio Americano e’ lo specchio in cui tutti vogliono guardare. Per la liceale timida con il gilet marrone e’ “un modello, la prova che ogni cosa e’ possibile”. La matronale padrona dell’emporio Blackberry ci vede soprattutto “tante, tante magliette vendute”. A detta dei disoccupati che bivaccano scacciando le mosche vicino a un macigno-murale che immortala la visita trionfale di due estati fa portera’, in ordine sparso, “visti gratis per gli Stati Uniti”, “piu’ aiuti economici”, “strade asfaltate”. Neppure il lustrascarpe che compie la sua fatica di Sisifo quotidiana lucidando mocassini sul ciglio polverosissimo della sterrata dubita: “Sara’ un gran bene per il Kenya”. Basta non pretendere esempi pratici se non volete vederlo annaspare, grattandosi la testa e infine gettare lo straccio in segno di resa.
Ma chi ha bisogno della realta’ quando si puo’ avere il mito? Per quelli che sanno leggere, in Swahili, non potrebbe essere piu’ chiaro: baraka, benedizione. Ecco quel che significa per i fratelli africani. Suo padre, con lo stesso nome-destino, e’ stato catapultato dalle stalle delle capre alle stelle di Harvard. Il figlio, che ne ha preso il testimone, rischia di diventare il primo presidente nero alla Casa Bianca. Cosi, con l’espressione serena che occhieggia sulle t-shirt, fa coppia fissa con il premier keniano Raila Odinga nei ritratti incorniciati venduti per strada e tappezza i lunotti posteriori dei matatu, gli ubiquitari minibus, i keniani leggono un sacco di promesse che lui non ha mai fatto.
Kisumu, sulle rive del Lago Vittoria, e’ la citta’ piu’ vicina alle radici degli Obama. Qui il senatore dell’Illinois e’ lo spiritus loci. Basta nominarlo per farsi degli amici. “Wuo Luo”, figlio di un luo, e’ la risposta standard. Un legame di sangue che nessun oceano puo’ annacquare. Un marchio per cui morire, come e’ successo a gennaio ai 1500 uccisi dalla polizia dell’opposta etnia kikuyu perche’ contestavano i risultati delle elezioni.
Ma chi ha bisogno della realta’ quando si puo’ avere il mito? Per quelli che sanno leggere, in Swahili, non potrebbe essere piu’ chiaro: baraka, benedizione. Ecco quel che significa per i fratelli africani. Suo padre, con lo stesso nome-destino, e’ stato catapultato dalle stalle delle capre alle stelle di Harvard. Il figlio, che ne ha preso il testimone, rischia di diventare il primo presidente nero alla Casa Bianca. Cosi, con l’espressione serena che occhieggia sulle t-shirt, fa coppia fissa con il premier keniano Raila Odinga nei ritratti incorniciati venduti per strada e tappezza i lunotti posteriori dei matatu, gli ubiquitari minibus, i keniani leggono un sacco di promesse che lui non ha mai fatto.
Kisumu, sulle rive del Lago Vittoria, e’ la citta’ piu’ vicina alle radici degli Obama. Qui il senatore dell’Illinois e’ lo spiritus loci. Basta nominarlo per farsi degli amici. “Wuo Luo”, figlio di un luo, e’ la risposta standard. Un legame di sangue che nessun oceano puo’ annacquare. Un marchio per cui morire, come e’ successo a gennaio ai 1500 uccisi dalla polizia dell’opposta etnia kikuyu perche’ contestavano i risultati delle elezioni.
Per arrivare ad Allego Kogelo, il villaggio dove vive sua nonna e riposa suo padre, mancano ancora una cinquantina di chilometri di mulattiere, mangrovie e terra rossa. Il custode della memoria familiare e’ Malik Adongo, il figlio cinquantenne che “Barack 1”, come lo chiama lui, ebbe prima di partire per l’America, dove conobbe la ragazza del Kansas che gli diede “Barack 2”. Anche lui ha vissuto negli Stati Uniti, e’ diventato commercialista ma il richiamo della foresta che Hemingway celebra in “Verdi colline d’Africa” alla fine ha prevalso. E oggi si divide tra un negozietto di elettronica che serve poche centinaia di anime, un’attivita’ di contabile a Washington, le sue due mogli e otto figli, che cresce in una doppia casetta con mucche indolenti intorno, a pochi metri da dove abita l’ottantasettenne mama Sarah. (…)
Articolo tratto da IL VENERDI di REPUBBLICA - n. 1066 del 22 agosto 2008
Dall’inviato Riccardo Stagliano’
E’ vero, qui la gente e’ contenta ed esulta per Obama, soprattutto quelli appartenenti alla tribu’ luo, quelli dello stesso sangue…
C’e un mio collega che tra lo scherzo e la devozione si definisce ridendo suo cugino, perche’ qui son tutti parenti di qualcuno, la famiglia allargata ha radici estese…
E’ bello anche per me poter pensare ad Obama, un figlio di keniani, di un villaggio sperduto… e’ proprio vero, la vita regala sorprese da sogno. E I sogni posson diventare realta’…
Che vinca il migliore!!!
Roby Rob
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