domenica 21 dicembre 2008

Guardo questa immagine di Bologna


Guardo questa immagine di Bologna, e vedo le torri, i colli, le chiese, i palazzi, la vita che irrefrenabile scorre tra le strade e le piazze… i negozi, gli uffici, i cinema, i mercati e i teatri…

Bologna, bassa padana inferiore… un tuffo al cuore.

Un turbinio di sensazioni e di emozioni che la memoria srotola…

Cio’ che ho lasciato, cio’ che ho trovato, cio’ che la vita mi ha regalato, cio’ che le esperienze mi hanno insegnato.

Partire e’ un po’ come morire. Morire per poter rinascere, partire per poter scoprire.

Si susseguono le esperienze, si sbaglia e si avanza, ci si ferma e si guarda indietro, si chiudono gli occhi e si sogna un futuro.

Ho riempito mani e occhi di esperienze nuove, di voci e di parole diverse, di gusti e di profumi, di gesta e di passi…

Strette di mano che son state nodi al cuore, un canto di farfalle che si libra nell’aria…

Bologna, la grassa e la dotta… ed ora sono qui, sulle rive dell’Oceano Indiano, a smorzare il colore della mia pelle per immergermi nel continente africano.

“Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli, col seno sul piano padano ed il culo sui colli". Così la descrive Francesco Guccini.

E guardo respirando questo Kenya, e respiro vivendo questa Africa…


Roby Rob


PS: grazie per la panoramica bolognese

Per vestirvi cosi, denudatevi!


Puo’ capitare, succede da queste parti, lo si fa in nome del pudore…

“Per vestirvi cosi, denudatevi!”

E’ notte, siam nel piccolo villaggio di Chocha, periferia di Malindi, le ore si susseguono veloci portando alle labbra bicchieri sempre troppo pieni...

Due ragazze ubriache, sature di mnazi (vino di cocco), turbano in modo sconveniete la quiete del villaggio.

Disinibite, indossano pantaloncini corti sino alle mutande, il culo che trasborda dal tanga o dal perizoma, magliette troppo aderenti per poter passare inosservate…

Vada per la cosmopolita Nairobi, vada per spiagge delle localita’ turistiche, vada dove il denaro e la vista dei tanti wazungu ha smorzato gli animi tradizionali… ma… ma in un villaggio all’ombra delle noci di cocco?

E cosi hanno chiamato il chief, il capo del villaggio, colui che risolve e riappacifica il tutto.

Nel villaggio ci son bambini e anziani, siete ragazze scostumate, deplorevoli, vergognatevi! “Per vestirvi cosi, per mettere in mostra il vostro corpo, denudatevi!”

E cosi, per volere dello chief, le ragazze son state prese dagli abitanti del villaggio, son state spogliate e denudate, lasciandogli addosso soltanto le mutande (forse anche il reggiseno) e fatte girare, davanti agli occhi di tutti, per i sentieri del villaggio.

Non poteva che arrivare la polizia, che assistendo alla scena, ha chiesto il motivo di tale atteggiamento. Un provvedimento gli ha risposto fiducioso lo cheif, un provvedimento per imparare una lezione, un provvedimento per pentirsi. E cosi, sotto gli sguardi divertiti e indignati di tutti, è arrivata mattina, e domani è sempre un altro giorno…

Succede, anche questa è Africa.

rrr

Saggio orientale


Semina un pensiero
Raccoglierai un’azione.
Semina un’azione
Raccoglierai un’abitudine.
Semina un’abitudine
Raccoglierai un destino.

(Saggio orientale)

E’ arrivata la coca cola


Soda soda soda. E’ arrivato il frigo della coca cola. Come bambini assetati di bevande zuccherine, ora i colleghi tracannano ogni giorno bottigliette gasate dagli improbabili colori.

Coca cola, Sprite, Fanta Arancia, Fanta ciliegia, Acqua Tonica. Liquefatto zucchero gassoso. Come bambini dell’asilo col pane e nutella, o le patatine… anche se qui i bimbi reclamano sempre un “ciao caramella”.

Con 20 scellini a bottiglia ti bevi 33 cl di refrigerata freschezza.


(100ksh=1€)

Khanga, una sentenza da indossare (7)


Usimwingilie aliyepewa kapewa

Non interferire con quello che hanno
(nel senso “non avere gelosia per chi ha avuto qualcosa di buono dalla vita”)

16 ore, le formiche, il sole sembra prenderti a schiaffi


16 ORE
16 ore per farsi i capelli. Da ora di cena sino alle 5 del mattino, per non aver finito e tornare il giorno dopo, altre 5 ore su una sedia, per piacere, per piacersi, per farsi belle ed esser apprezzate, invidiate, amate. African style, african hair, e cosi treccina dopo treccina, 16 ore di mani che intrecciano estencion sfidando il sonno... 1200 scellini il conto, poco meno di 1 euro all’ora, una bazzecola per la muzungo europea, una fetta importante per la vita di una ragazza keniota...

LE FORMICHE
Impossibile vivere senza. Insolenti e dispettose percorrono traettorie improbabili, sembrano testare l’aria arrivando ovunque e comunque. Piccole e veloci, gli bastano una manciata di secondi per scovare l’oggetto del desiderio... E’ una guerra, assaltano dispense e razzolano tutto cio’ che la tua sbadataggine ti fa dimenticare.

CALDO
Uscire di casa, andare da qualche parte, il sole sembra prenderti a schiaffi in questa estate africana, sembra scivolare dall’alto per liquefare le tue cervella, per arrostirti le meningi, aprendo la porta una ventata di caldo sembra penetrarti nelle ossa e prenderti a pugni in faccia... la salvezza e’ una palma o l’aria condizionata. E manca una settimana a natale…

Paese che vai, credenze che trovi




Se in Europa il gatto (a pari del cane) e’ l’animale domestico per eccellenza, in Kenya (almeno sulla costa) molte persone lo temono e ne hanno paura. Perché nella notte…

Nella notte il gatto, indipendentemente dal colore del suo pelo, puo’ trasformarsi in una seducente ragazza, o in una terribile strega, venendo dal buio a trovarti a casa tua…

“Non chiamarlo! Non toccarlo!” Questo l’avvertimento che mi sento dire ogni volta che, uscendo dal lavoro dopo il tramonto, incontro il micio peloso dei vicini di casa…

E allora ogni volta che lo vedo, ogni volta che mi chino a terra per fargli un grattino alla schiena, ogni volta inizio a ridere come un matto, pensando alla mia mamma e ai milioni di gatti che dormono sulle poltrone e che gironzolano furtivi nelle corti di mezzo mondo…

Ma per i cani? Beh, questa e’ tutta un’altra storia… per i mussulmani il cane e’ un animale da evitare, un nemico, colui che ha ucciso Maometto, quindi… quindi niente cane, ma tanta tanta simpatia per gatti, padroni sornioni di ogni macelleria mussulmana.

Son due anni che vivo a cavallo dell’equatore, ed non ho quasi mai avuto occasione di incontrare la stregoneria e la magia nera… solo qualche polverina magica nella borsetta di una collega, solo qualche spolveratina di black magic da riempir i suoi occhi di preoccupazione e sgomento…

Paese che vai, credenze che trovi. Molto meglio possedere galli e galline, mucche e capre, che vanno e vengono libere per la casa e per la strada… e poi sono buone anche arrosto!

rrr

mercoledì 17 dicembre 2008

Tanti Auguri dal Kenya

Semplicemente cosi, tanti, tanti auguri di buone feste

Un augurio speciale dal popolo del sole


Roberto muzungu msafiri













Wazungu mweusi!


Il vento in faccia, il buio sugli occhi, gli odori che cambiano trasportati dall’aria... ma dall’espressione della faccia degli altri a bordo strada, dovevamo essere una strana banda…

Un muzungu, un’africana, un indiano e due filippine che sul cassone di un pick-up percorrono di notte le strade di Malindi...

E qualcuno sulla strada, vedendoci, incredulo ride e grida: “Wazungu mweusi! Wazungu mweusi!!!”

Ovvero “black wazungu”, “uomini bianchi africani”... perche’ solitamente i wuzungu guidano una macchina o un fuoristrada, e non sono trasportati o stivati nella notte sul cassone di pick up guidato da un indiano... e allora a veder questa strana banda multicolor e multirazza, rideva e rideva: guardate i wazungu mweusi!!!

Nella notte, muzungu Rob

Malinconiche riflessioni


Sara’ forse l’ultima pagina che scrivo da Malindi per “Pillole di Malindi”. (…). Sono venuto in Kenya 14 anni orsono, alla ricerca della liberta’, degli spazi e per il suo clima temperato. Dopo 14 anni vissuti a Malindi credo sia giusto rivedere la nostra bella Italia e non piu’ fuggire i rigori invernali e dalle costrizioni logistiche. In un tempo frenetico, tremendo e virtuale, si sente talora il bisogno, la necessita’ impellente, di ancorarsi in un porto tranquillo, di potersi rifugiare in un momento di sereno raccoglimento; le vie di fuga sono molte, alcune pericolose, altre inconcludenti.

I valori che imperano sono la monetizzazione degli utili, l’assillo delle tendenze, l’apparire piuttosto che l’essere. Le ideologie, fortunatamente, forse sono morte, ma quel che ne e’ nato, non e’ poi un granche’.

La speranza di poter contribuire alla resistenza contro questa progressiva volgarizzazione, poggia anche sul recupero di piccole cose preziose, sulla modificazione di quotidiane abitudini. Ci fortificano quindi le sempre piu numerose e chiare voci a sostegno dei valori fondanti, quali la cultura, la tolleranza, la tradizione e la conservazione delal memoria, “Historia magistra vitae”, e tutto quel che ne consegue.

Siamo presuntuosi a tal punto da credere che anche l’educazione al piacere possa valorizzare tutto cio’ con preziosi istanti di splendido rilassamento, che sia lo stimolo a buoni propositi e ad illuminanti elucubrazioni estetiche. E’ un modo per pagare il nostro contributo alla memoria, per ricercare le nostre radici e rileggere con commozione la storia.

Noi speriamo di difendere in modo equilibrato la nostra causa, nella speranza di veder riconosciuta la liberta’ di ciascuno a rivendicare la propria scelta di vita, nella immancabile consapevolezza che tale liberta’, finisce laddove inizia quella del nostro prossimo.

Forse queste idée sublimandosi, mi riportano ad uno stile di vita meno artificioso, piu genuine e deciso, addolcito com’e’ dalla manchevolezza della memoria e consentito solo in virtu’ della struggente nostalgia dell’Italia e dai voli pindalici della mente (omissis).

Dopo 14 anni vissuti in questo paese, dopo che noi italiani abbiamo insegnato nuove tecniche, abbiamo creato in parte il benessere, od almeno la possibilita’ di sopravvivenza di tanta gente, ci vediamo sempre costretti ad assoggettarci agli usi e consuetudini locali.

Pare di leggere Topolino, quando vai all’Immigration e gli impiegati che indossano le magliette “anti corruption” non sanno piu che cosa inventare per estorcerti quattrini. Vivi sempre nel timore di una rapina non per la refurtiva che possono prendere, ma per le conseguenze che possono crearsi.

Mi auguro che i fatti menzonieri che sono capitati a me, non debbano toccare altre persone.

Se tutti gli uomini preposti alle indagini preliminari, alla buona interpretazione delle leggi ed alla constatazione della loro esecuzione, sappiano esserlo in futuro, ricercare e punire coloro i quali con i loro abusi mettono in difficolta’ il turismo, solo cosi il Kenya potrebbe migliorare, e il turista continuera’ a soggiornare in Kenya e molti residenti continueranno ad investire capitali, la popolazione keniana non ricomincera’ a mangiare solo ed esclusivamente polenta.

Medardo Caretta

Articolo tratto da “Pillole di Malindi, N. 9

Angolo consolare


Malindi sembra diventata la cittadina dei “burattinai”, assolutamente nulla contro la categoria che anzi stimo, ma solo per il fatto che di chi muove i fili per far agire i burattini e battersi tra di loro, non se ne vede mai il viso, alle olimpiadi vincerebbe il record mondiale nella specialita’ del “tiro della pietra naascondendo la mano”. Dai rapporti che raggiungono il consolato e’ allarmante constatare l’aumento del numero delle cause in Polizia e in Corte causate per la maggior parte da connazionali contro connazionali.

Fino a quando il pettegolezzo quotidiano, sistematico e regolare (come un antibiotico consigliato dal dottore) rimane solo a riprova della piccineria mentale, delle frustrazioni, insoddisfazioni, masturbazioni mentali e carenza di interessi alternative, che si manifestano in sfoghi dozzinali nei piccoli solotti volanti, inventati dappertutto ci si incontri, che si manifestano in lettere anonime o legate al segreto di ufficio (per cui rimangono sempre “anonime”), le bugie, le critiche senza senso e costrutto… ebbene il tutto passi… se questa e’ l’unica maniera di espressione a loro disposizione e che li appaga; rimangono sempre deprecabili e vergognose, ma al limite “cause civili”… ma… quando si fa scattare l’intervento di agenti della criminale a controllare, perquisire, impossessarsi dei passaporti, fermi in cella, manette ai polsi, presa di impronte digitali… si passa alla “azione criminale”… scendendo l’ultimo scalino si arriva… al deprecabile e recente uso di gente locale per intimidire e minacciare; favorendo cosi estorsioni e ricatti che aprono la possibilita’ ad una spirale di violenza pericolosa che potrebbe diventare incontrollabile.

Veniamo da un paese in cui questo e’ gia’ successo tanto tempo fa e non si e’ mai trovata una soluzione a questo problema. Come tutti sanno c’e la tendenza ad insegnare le parolacce che vengono immediatamente immagzzinate e largamente ormai usate dai locali sulle spiagge a scapito dei turisti o dei residenti che non riescono piu a trovare un momento di pace e serenita’ (quella pace e serenita’ che aveva convinto molti di noi a fermarsi in questo paese meraviglioso, ma che putroppo anche noi abbiamo contribuito a guastare; se pero’ vogliamo passare ad insegnare il nostro retaggio peggiore, daremo inizio ad un fenomeno che, come un boomerang, ci ritornera’ indietro causando sicuramente seri danni.

Roberto Macri’, Console Onorario Italiano

Articolo tratto da “Pillole di Malindi”, N. 9

Auguri mamma!


4 dicembre

Dicon che le lontananze avvicinano... ti mando un bacio virtuale!

BUON COMPLEANNO!!!

venerdì 12 dicembre 2008

Poveri Masai! (A ognuno il proprio Dio!)




Mi capita spesso di spulciare il web alla ricerca di informazioni e curiosita’ relative al Kenya e all’Africa in generale… ogni tanto trovo qualcosa di interessante, altre volte qualcosa di completamente inutile, altre volte invece qualcosa che mi sorprende e che mi sbalordisce…

Lo scritto che segue e’ stato scaricato dal sito http://www.watchtower.org/. Leggetelo. Io son rimasto senza parole:

“Oggi le comunità masai dell’Africa orientale vengono raggiunte dal ministero dei testimoni di Geova. Oltre 6.000 copie dell’opuscolo Vivere sulla terra per sempre! sono state stampate in lingua masai. Così i masai sono aiutati a capire la differenza tra le superstizioni prive di fondamento e la verità biblica. È davvero rincorante vedere che il nostro Creatore, Geova Dio, offre a questo popolo unico e pittoresco l’opportunità di unirsi a “ogni nazione e tribù e popolo e lingua” per sopravvivere alla distruzione di questo sistema di cose turbolento. — Rivelazione (Apocalisse) 7:9.”

Personalmente, trovo cio’ che stanno facendo i testimoni di Geova sia una cosa inutile e ridicola, oltre che dannosa e pericolosa.

Perche’ mai andare da una comunita’ orgogliosa e fiera di essere cio’ che e’, loro che hanno rifiutato l’idea di sviluppo “all’occidentale” e il compromesso di modernita’ dettato dal consumismo-capitalismo, loro che vivrebbero ancora di baratto e la cosa piu’ importante e preziosa che possono avere e’ il bestiame e le loro tradizioni, perche’ mai andare dai Masai con l’intenzione di redimerli? Ma redimerli da cosa? Cosa hanno mai fatto i Masai per meritarsi questo insulto e ricevere questa violenza?

Cosa serve andare in Africa dai Masai per “aiutarli a capire la differenza tra le superstizioni prive di fondamento e la verita’ biblica”? Chi sono i testimoni di Geova per poter dire e fare questo? Chi ha dato a loro questo potere? Dove sta la loro intelligenza e il loro buon senso? Dove sta la loro fraternita’ e il loro amore per Dio? Per quale Dio?

Ognuno e’ - o dovrebbe - esser libero di professare la propria religione e di pregare il proprio Dio. Ognuno. In ogni parte del mondo. Qualsiasi sia il proprio Dio.

Personalmente non ho nulla contro i testimoni di Geova, perche’ anche la chiesa cattolica ha fatto (e sta facendo tutt’oggi) altrettanto (con altrettanti danni) in ogni parte di mondo… la chiamano evangelizzazione… e cosi, comunita’ tribali e remote, distanti anni luce dalle scritture della Bibbia, si ritrovano a pregare per un Dio che non gli appartiene… magari in cambio di un pozzo per l’acqua o di una scuola o di un ospedale…

Ma cosa avranno mai fatto i Masai per meritarsi questo? Possibile che nel 2008 possan succedere ancora di queste cose?


Roberto

(Info tratta da: http://www.watchtower.org/i/20020222/article_01.htm)

Perder la testa tra finzione e realta’






Perder la testa tra finzione e realta’ (c’e da andar fuori di cotenna!!!)



Un giorno dallo stivale dei muzungu, l’Italia, mi arriva questa mail:

Lo sai a cosa giocano le bambine di circa 10 anni? Io l'ho scoperto con la nipote del mio fidanzato: conosci MYLIFE? Gioco di Barbie virtuale, si veste, si trucca, e le compri delle schedine da 10€ (reali!) per farle fare delle cose. Poi per esempio va in ospedale (la Barbie virtuale), e non si riesce a farla uscire.
La signora che vende questo giochino mi ha raccontato che un nonno è arrivato sconvolto al negozio, sbraitando che non è possibile che nessuno sappia come fare a farla uscire (la Barbie virtuale) dall'ospedale, e che la sua nipotina (reale!) stava sclerando!!! Il nonno che disperato, va dalla negoziante per farsi aiutare a risolvere la disperazione della sua nipotina! Poverina!!! Immagina come diventi difficile dialogare con bimbi così presi da un gioco di ruolo!

Ogni tanto, nei silenzi dei pomeriggi senza vento, mi rileggo il pezzo di questa mail... la barbie virtuale che non si riesce a farla uscire dall’ospedale... lo sclero del nonno e la disperazione della bambina... ma c’e da andar fuori di cotenna! Altro che povera bambina!!! Povero mondo! Poveri noi!

Se raccontassi questa storia ai padri e ai nonni dei bambini africani neanche capirebbero di cosa si stia parlando... mi guarderebbero coi loro occhioni imperscrutabili senza proferir parola... o scuoterebbero la testa prendendoci per matti... neanche bevessimo mnazi dalla mattina alla sera!

E’ terribile, i bambini (muzungu) sono sempre più soli e lasciati a se stessi... In africa i racconti e i nonni sono ancora un valore! Il nostro è un mondo in pesante contraddizione, e produce effetti sconvolgenti...

Ma che giochi sono mai questi? Quale valore possono insegnare? Cosa dovrebbero mai trasmettere? Non sarebbe meglio andare al parco giochi a fare splash splash nelle pozzanghere o stare in salotto a tirare la coda ai gatti? Dove son finite le macchinine e le piste per le biglie? Dove e’ finito l’amichetto della porta accanto?

In un mondo di demenziale e vorticosa follia c’e gente che spinge l’acceleratore per andare in discesa...

No comment

rrr



e poi guardo i bambini di Malindi che vanno in giro scalzi a saltare i fossi, che costruiscono palloni da calcio con stracci e nastro adesivo, hula hope con copertoni da bicicletta, macchinine ricavate da bottiglie dell’olio...

giovedì 11 dicembre 2008

Herman Hesse


"Bello e piacevole andare così per il mondo e sentirsi così bambino, così risvegliato, così aperto all'immediatezza delle cose, così fiducioso. Tutto ciò era sempre stato ed egli l'aveva mai visto; non vi aveva mai partecipato. Ma ora sì, vi partecipava e vi apparteneva"

Herman Hesse

Ebano, di Ryszard Kapuscinski (27)






Le lingue europee sono ricche solo finche’ si tratta di descrivere la propria cultura: appena si addentano nelle culture altrui e cercano di parlarne, rivelano subito la propria limitatezza, la mancanza di sviluppo, l’impotenza semantica.


Tratto da Ebano, di Ryszard Kapuscinski (edizioni Feltrinelli)

Khanga, una sentenza da indossare (6)



Heshima ndio silaha yangu

(Rispect is my wepon)

Il rispetto e’ la mia arma

Khanga, una sentenza da indossare (5)


Palipo wabaya na mwema hakosi

Dove c’e gente cattiva ci sono anche i bravi

Ebano, di Ryszard Kapuscinski (26)



L’europeo di passaggio in Africa di solito ne vede solo una parte, ossia l’involucro esterno, spesso il meno interessante e forse anche il meno importante.


Tratto da Ebano, di Ryszard Kapuscinski (edizioni Feltrinelli)

Ebano, di Ryszard Kapuscinski (25)





Chiunque si trovi per la prima volta in un supermarket Americano verra’ colpito dalla ricchezza e dalla varieta’ delle merci che vi sono contenute, dalla presenza di ogni possibile oggetto che l’uomo ha inventato, creato e poi portato, collocato, accatastato, facendo si che il cliente non debba pensare a niente e abbia tutto pronto sottomano.

Il mondo africano comune e’ diverso. E’ un mondo povero, di una semplicita’ elementare, ridotto a pochi oggetti base: una camicia, una ciotola, una manciata di semi, un sorso d’acqua. La ricchezza e la varieta’ del suo mondo non si esprimono in forme materiali, oggettive, tangibili e visibili, ma nei valori e nei significati simbolici che l’uomo attribuisce agli oggetti piu’ semplici, a infime cose invisibili per I non iniziati.

Una penna di gallo puo’ essere considerata una lanterna che illumina il cammino del buoi, e una goccia d’olio uno scudo che protegge dai proiettili. L’oggetto assume un valore simbolico e metafisico perche’ cosi ha deciso l’uomo che con la sua scelta lo sublime, lo sposta in un’altra dimensione, in una sfera esistenziale superiore: nella trascendenza.


Tratto da Ebano, di Ryszard Kapuscinski (edizioni Feltrinelli)

Bruce Chatwin



"...la vera casa dell'uomo non è una casa, ma la strada
e la vita stessa è un viaggio da fare a piedi"...

Bruce Chatwin

Adriana Zarri, “Dodici lune”


Non ho mai amato la retorica morbida del “cammino per il cammino”.
Il cammino è per l’arrivo, ed io amo la gioia solida del porto:
approdare, giungere, concludere.
Eppure so bene, e sperimento, che c’è una gioia propria dell’andare,
dell’attendere e protendersi: l’aspettativa, la speranza.
Se il nostro porto fosse chiuso, limitato dai moli,
questa gioia, attraccando, cesserebbe.
Ne inizierebbe un’altra, però la prima sarebbe persa.
Invece il nostro porto è in mare aperto.
Nella scoperta inesauribile di un Dio infinito niente finisce.
La gioia dell’attesa non si spegne ma si riaccende ad ogni approdo,
ed ogni passo che avvicina discopre più vaste lontananze.
Noi approdiamo sempre, noi ripartiamo sempre,
e la gioia del camminare e dell’attendere
si salda con la gioia dell’arrivare e possedere.
Corsa e riposo, riposo e corsa;
attesa ed estremo esaurimento, esaurimento e nuova attesa
si avvicendano, in un dilatarsi senza fine.

Adriana Zarri, “Dodici lune”

Luo

Un tempo le popolazioni che abitavano sulle sponde del Lago Vittoria in Africa venivano chiamate i “POPOLI DEL KAVIRONDO” ed erano divise in piccoli gruppi e tribù. Oggi queste popolazioni si sono riunite in un’unica tribù che supera i 2.000.000 individui e sono conosciuti col nome di LUO.
I LUO sono originari del territorio del basso Sudan intorno al Nilo e appartengono per origine al ceppo dei Masai . Sono la terza tribù del Kenya per numero, dopo i Kikuyu e i Luhia.

La suddivisione
Oggi i Luo sono divisi in grandi sezioni a seconda della provenienza territoriale o dalle antiche origini:
JOKA JOK: il loro nome deriva dal loro grande capo, JOK.
JOKA OWINI: il loro nome deriva anch’esso dal loro capo, OWINI.
JOKA OMOLO: il loro nome deriva dalle loro origini nord-ugandesi.
JOKA SUBA: il loro nome deriva dalle loro formazioni: Luo e Bantu erano
mescolate in origine; oggi parlano tutti il DHOLUO.

Da popolo nomade a popolo sedentario
I Luo nelle loro lunghe migrazioni attraverso l’Africa erano diventati dei nomadi che allevavano bestiame e si arricchivano anche con guerre e razzie nei confronti delle altre tribù.
Negli ultimi 100 anni sono diventati un popolo semi-sedentario, coltivano la poca terra disponibile, mantenendo l’allevamento come occupazione prevalente.Lungo le coste svolgono attività di pesca, sulle caratteristiche barche a vela triangolare, chiamate dhow.

La famiglia
La struttura familiare dei Luo è detta “PATRILINEARE” perché l’eredità passa, da padre in figlio, solo ai discendenti maschi. Il gruppo familiare è costituito da un capo - famiglia, dalle sue mogli (nei Luo è comune la poligamìa) e dai numerosi figli e figlie.
Le figlie, quando si sposano, non appartengono più al gruppo familiare di provenienza, perché dovranno appartenere al loro marito.
La ricchezza del capo-famiglia influenza la grandezza del nucleo familiare, infatti più un capo-famiglia è ricco, più gli serve avere più mogli per avere molti figli da impiegare nella custodia dei beni e nella custodia degli animali allevati.Per la tribù dei Luo il numero è potenza, infatti una volta un capo-famiglia poteva avere perfino 50 mogli se era molto ricco o se era uno stregone.Bisogna sottolineare che presso i Luo erano diffuse malattie spesso mortali, e di conseguenza aver molti figli e mogli era un vantaggio per il continuo sviluppo della famiglia.
L’organizzazione tribale
I Luo appartengono ad un clan (= DHOUT): cioè a un gruppo di persone discendenti dallo stesso antenato.
I clan che vivono in una stessa zona e che sono uniti da legami di parentela formano un popolo (= OGANDA), con un capo chiamato RUOTH.
L’unione di questi popoli forma la tribù dei Luo.
Quando gli Inglesi occuparono la regione dove abitavano i Luo, nel Golfo di Kavirondo (Lago Vittoria), trovarono tredici circoscrizioni che corrispondevano alle tredici popolazioni.
Al tempo dei Luo, ogni capo tribù aveva un suo Consiglio, che lo aiutava nelle decisioni più importanti, ed era formato dai più anziani della tribù. Siccome le persone anziane erano le più sagge del clan, venivano considerate le più importanti.Il Consiglio controllava e giudicava le questioni molto gravi come delitti e razzie. Per le questioni minori si radunavano i Consigli Regionali e i Consigli dei Clan.Per quanto riguarda le questioni in famiglia, ci pensava il Capo Famiglia.


Info tratte da:
http://fc.retecivica.milano.it/dallo%20staff/Moderatori/RCMWEB/Tesoro/suk/nyandiwa/luo_ricerca.htm

L’inno nazionale del Kenya


INNO NAZIONALE KENYA - KENYA NATIONAL ANTHEM

Come viene cantato
• Quando si canta l’inno nazionale, tutti stanno in piedi: a scuola si canta al lunedì e al venerdì.
• E' anche una preghiera, serve per unirci tutti, uomini provenienti da differenti gruppi etnici, nell’unica nazione del Kenya


KISWAHILI:

Ee Mungu nguvu yetu
Ilete baraka kwetu.
Haki iwe ngao na mlinzi
Natukae na udugu
Amani na uhuru
Raha tupate na ustawi.

Amkeni ndugu zetu
Tufanye sote bidii
Nasi tujitoe kwa nguvu
Nchi yetu ya Kenya,
Tunayopenda
Tuwe tayari kulinda.

Natujenga taifa letu
Ee, ndio wajibu wetu
Kynya istahili heshima
Tuungane mikono
Pamoja kazini
Kila siku tuwe
Na shukrani.


ITALIANO:

O Dio di tutta la creazione,
benedici questa nostra terra e nazione,
la giustizia sia il nostro scudo e la nostra difesa,
possiamo noi vivere in unità, pace e libertà,
ci sia abbondanza entro i nostri confini.

Possa ciascuno e possano tutti riuscire nella vita,
con cuori forti e nella verità,
il servizio sia il nostro impegno più serio,
e la nostra patria del Kenya,
eredità di splendore,
possiamo noi sempre risoluti difendere.

Possiamo tutti all’unanimità
essere uniti da un comune legame,
costruire insieme questa nostra nazione,
e la gloria del Kenya,
il frutto del nostro lavoro,
riempia ogni cuore di riconoscenza.


INGLESE:

Oh God, of all creation
Bless this our land and nation
Justice be our shield and defender
May we dwell unity
Peace and liberty
Plenty to be found within our borders

Let one and all arise
With hearts both strong and true.
Service be our earnest endeavour,
And our Homeland of Kenya,
Heritage of Splendour,
Firm may we stand to defend.

Let all with one accord
In common bond united,
Build this our nation together
And the glory of Kenya
The fruit of our labour
Fill every heart with thanksgiving.


http://fc.retecivica.milano.it/dallo%20staff/Moderatori/RCMWEB/Tesoro/suk/nyandiwa/musica/inno.htm

Samburu


I Samburu sono un gruppo etnico africano nilotico diffuso nel distretto di Samburu, nel Kenya centrosettentrionale. Parlano la lingua samburu, appartenente al gruppo delle lingue maa come quella dei Masai, con cui sono strettamente imparentati (circa il 95% dei vocaboli delle lingue samburu e masai coincidono). Come i Masai, sono pastori semi-nomadi; allevano zebù, pecore, capre e cammelli; recentemente hanno iniziato a coltivare mais, patate e sorgo. A differenza dei Masai, si nutrono anche di cacciagione.

Il nome Samburu è di origine Masai e deriva dalla parola samburr, che indica una borsa di pelle che i Samburu portano sempre con loro. I Samburu si riferiscono a sé stessi come Lokop (o Loikop), che potrebbe significare "padroni della terra" (da lo, che indica possesso, e nkop, terra); non tutti i Samburu concordano su questa interpretazione.

Non è chiaro in quale epoca i Samburu siano diventati un'etnia distinta, ma quasi certamente ciò avvenne in epoca coloniale. I viaggiatori europei del XIX secolo chiamavano i Samburu "Burkineji" ("popolo delle capre bianche"), ma non è chiaro quali fossero all'epoca i legami con altri gruppi della zona. Alcuni Samburu sono discendenti dei Masai di Laikipia, che furono sterminati dell'Ottocento. Altri sono di origine Rendille, Turkana e Borana.

La struttura sociale, suddivisa per classi di età, appare un eccellente esempio di gerontocrazia anche se il contatto con la cultura occidentale sta sgretolando l'importanza degli anziani. La poligamia è consentita e diffusa presso i Samburu; un insediamento Samburu (detto nkang o engang o manyatta) può consistere di una sola famiglia, costituita da un uomo e dalle sue mogli; ogni moglie costruisce la propria casa con materiali trovati in loco, come bastoni, fango e sterco di mucca. Insediamenti più grandi ospitano in genere fino due-tre famiglie; solo gli insediamenti rituali (lorora) arrivano a dimensioni molto più grandi (20 o più famiglie).

I villaggi samburu sorgono in genere sulla cima delle colline. Le donne si decorano il petto con vistose collane fatte di perline colorate cucite sul cuoio (come i Masai) ma anche di peli di coda di elefante; portano braccialetti di rame, ottone o alluminio sulle braccia e sulle caviglie. Particolare rispetto viene attribuito ai fundi, i fabbri, professione che in genere viene abbracciata e coltivata da una intera famiglia.

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Vuoi giocare al nano libero?



I nani da giardino hanno un’anima. Ma i crudeli esseri umani l’hanno imprigionata in ridicoli corpi di gesso e li hanno ridotti in schiavitù, costringendoli a sorridere inebetiti nei giardini delle villette.

Lo sostengono i membri del “Fronte di liberazione dai nani da giardino”, un movimento nato in Francia nel 1995 che si prefigge di restituire la libertà a queste creature. Le statuette sono sottratte alla prigionia. Al loro posto, un biglietto che recita: “I vostri nani sono tornati in libertà”.


I militanti del Malag (il movimento italiano di liberazione dei nani) li conducono invece nei boschi e ne distruggono la gabbia di gesso in cui è imprigionata l’anima, per permetterle di ricongiungersi con la natura.

Altri attivisti, più pacifici, li portano addirittura in vacanza. I nani liberati in Italia sono attualmente oltre 4000.

Articolo tratto da GEO, una nuova immagine del mondo - N. 9

A testa alta o la difficile arte di portare i pesi



Una passeggiata con sedie, vasi e asciugamani sulla testa. Una donna sudafricana percorre chilometri per arrivare al suo villaggio, dove mostrerà alla famiglia ciò che ha comprato. Messo sul capo, ogni carico risulta essere più leggero: secondo gli scienziati, infatti, ciò che è posto sulla testa “pesa meno” e fa risparmiare energia. I più abili sono i porter dell’Himalaya: in salita, a passo disteso, portano carichi che superano anche del doppio il loro peso. E sono più efficienti dei soldati che marciano con lo zaino in spalla. A conoscere questo principio sono in tanti: dai pescatori del Gambia, che si caricano pesce e bilance di ferro sopra il cappello, fino alle donne iraniane che si destreggiano nei mercati con in testa un vassoio di bicchieri. I bambini, invece, preferiscono portare sul capo gli agnellini stanchi di camminare. In India, la testa serve per evitare il contatto con i materiali tossici: nello stato di Gujarat le donne trasportano pezzi di amianto lontano dai figli. Le donne africane hanno in testa la famiglia: un cesto di frutta da vendere e, legato alla fronte, un kikoi per portare con sé il figlio da allattare.

Articolo tratto da GEO, una nuova immagine del mondo - N. 9