domenica 5 ottobre 2008

Ebano, di Ryszard Kapuscinski (5)

E quindi, salendo in autobus, l’africano non chiede quando si parte. Sale, occupa un posto libero e sprofonda immediatamente nello stato in cui trascorre buona parte della propria vita: l’attesa passiva.

“Questa gente ha una capacita’ di aspettare assolutamente incredibile!” mi disse una volta un inglese che abita qui da anni. “Una capacita’, una resistenza, quasi un sesto senso speciale!”

Il mondo e’ impregnato di una misteriosa energia che scorre segretamente. Appena ci si avvicina e ci si comunica, ci da’ la forza di mettere in moto il tempo, e le cose cominciano ad accadere. Ma finche’ cio’ non succede bisogna aspettare: ogni altro atteggiamento non e’ che illusione e vano donchisciottismo.
In che cosa consiste questa attesa passiva? La gente vi si cala consapevole di cio’ che avverra’, e quindi cerca di mettersi il piu’ comoda possible, nel posto migliore. A volte si sdraia, si siede per terra, su una pietra, oppure si accovaccia. Le conversazioni cessano. La torma degli esseri in attesa e’ muta. Non fa parola, tace. Subentra il rilassamento muscolare: la figura si assottiglia, si affloscia, si rattrappisce. Il collo si immobilizza, la testa si fa immota. L’uomo non guarda, non osserva, non manifesta curiosita’. Spesso, ma non sempre, tiene gli occhi chiusi. Di solito gli occhi stanno aperti, ma lo sguardo e’ vitreo, privo di vita. Ho osservato per ore queste folle in stato di attesa passive e posso dire che la gente cade in una specie di sonno fisiologico profondo: non mangia, non dorme, non orina. Non reagisce al sole che brucia senza pieta’, alle mosche insistenti e voraci che si posano sulle palpebre e sulle labbra.

Ma che succede intanto nella testa di queste persone?
Lo ignoro. Pensano? Sognano? Ricordano? Fanno progetti? Meditano? Viaggiano nell’aldila’? Difficile dirlo.

Tratto da Ebano, di Ryszard Kapuscinski (edizioni Feltrinelli)


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